Amatevi gli uni gli altri

lu.
2 min readMar 31, 2020

I miei primi stipendi, la mia prima cassa integrazione, la mia prima pandemia.

Che io stia esaurendo la mia capacità di formulare pensieri brillanti, battute sagaci, dialoghi acuti è un dato di fatto. Anzi, no: in questa quarantena l’ho letteralmente esaurita. Accade ai migliori, era scontato accadesse anche a me. Cosa mi resta? Frasi semplici, molti non lo so, silenzio dopo i perché, concetti basilari, cose tipo: “Ho preso il latte”, “Hai fame?”, “Vado a letto”, “Vorrei andare in tal posto”. Quelle frasi innocenti, di vita vissuta o da vivere che non fanno né bene né male. Nulla, in sostanza, per cui valga la pena interessarsi a quello che ho da dire (quelle rare volte che ne ho) e ascoltare. Il corto circuito è dietro l’angolo. L’uroboro è ad un palmo del mio naso.
Un po’ me ne dispiaccio. Ho speso anni della mia vita a tenere tutto aperto, ogni poro dilatato.
Il fatto in realtà è semplice: quando tutta la tua originalità è andata a farsi fottere, quando tutto quello che hai da dire sono frasi elementari, senza alcun “perché” spiegabile se non con una motivazione tipo “perché mi piace”, chi rimane con te, chi continua a chiederti di interagire piano piano prende le distanze, lo vedi allontanarsi a vista d’occhio, si crea un abisso emozionale da cui forse, qualche volta, non si riesce più ad uscire.
Quando invece ce la si fa a risalire a galla, a sforzarsi, a non impigrirsi, forse, in quel caso, ne vale la pena.

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